La sentenza odierna della Camera1 nel caso Vyacheslavova e altri c. Ucraina (ricorso n. 39553/16 e altri 6) riguarda i violenti scontri tra sostenitori e oppositori del Maidan e l’incendio dell’edificio dei sindacati a Odessa il 2 maggio 2014, che ha causato molte vittime. I sette ricorsi sono stati presentati da un totale di 28 persone. Venticinque dei richiedenti hanno perso i loro parenti più stretti – sia negli scontri che a causa dell’incendio – e tre dei richiedenti sono sopravvissuti all’incendio con varie ferite.
Tra i parenti dei richiedenti che hanno perso la vita quel giorno, c’erano sostenitori e oppositori del Maidan e, forse, semplici passanti. Rispettando la scelta dei ricorrenti, che spesso hanno preferito non menzionare le loro opinioni politiche o quelle dei loro parenti, la Corte ha indicato le opinioni politiche degli individui interessati solo quando ciò era essenziale per stabilire e comprendere gli eventi o quando, in ogni caso, i ricorrenti stessi avevano reso pubbliche tali informazioni.
Nel caso, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto, all’unanimità, che ci sono state:
violazioni dell’articolo 2 (diritto alla vita/indagine) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, a causa dell’omissione da parte delle autorità competenti di fare tutto ciò che ci si poteva ragionevolmente aspettare da loro per prevenire le violenze a Odesa il 2 maggio 2014, di porre fine a tale violenza dopo il suo scoppio, di garantire misure di salvataggio tempestive per le persone intrappolate nell’incendio e di istituire e condurre un’indagine efficace sugli eventi;
e violazioni dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) nei confronti di una ricorrente (ricorso n. 39553/16) per il ritardo nella consegna della salma del padre per la sepoltura.
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