ISRAELE – Perché non tifo per il movimento “pro-democrazia” israeliano

Neve Gordon, Al Jazeera | 10 Aprile 2025

Nelle conversazioni su Israele e Palestina, spesso mi viene chiesto il mio parere sulla resistenza interna a governo del Primo Ministro Benjamin Netanyahu. Chi mi intervista fa liferimento a centinaia di migliaia di israeliani che negli ultimi due arni sono scesi in piazza per protestare contro il governo e i suoi tentativi d introdurre una riforma del sistema giudiziario e mi chiede perché rima go indifferente a questi tentativi di porre fine al governo di Netanyahu.

La mia risposta è semplice: il vero problema che Israele deve affrontare non è il suo governo attuale. Il governo potrebbe cadere, ma finché non trasformeremo radicalmente la natura del regime, non cambierà molto, soprattutto per quanto riguarda i diritti umani fondamentali dei palestinesi. Una recente sentenza della Corte Suprema israeliana conferma la mia tesi.

Il 18 marzo 2024, cinque organizzazioni israeliane per i diritti umani hanno presentato una petizione urgente alla Corte suprema israeliana, chiedendole di ordinare al governo e all’esercito israeliano di adempiere ai propri obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e di rispondere ai bisogni umanitari della popolazione civile nel contesto delle condizioni catastrofiche di Gaza.

La petizione è stata presentata in un momento in cui gli aiuti entravano a Gaza, ma la quantità che attraversava il confine era ben lungi dall’essere sufficiente a soddisfare i bisogni minimi della popolazione, il cui 75% era già stato sfollato. Le associazioni per i diritti umani chiedevano al governo di rimuovere tutte le restrizioni al passaggio di aiuti, attrezzature e personale a Gaza, in particolare nel nord, dove erano già stati documentati casi di bambini che morivano per malnutrizione e disidratazione.

La corte non ha emesso una sentenza per più di un anno, consentendo di fatto al governo di continuare a limitare gli aiuti senza alcun controllo.

Tre settimane dopo la presentazione della petizione da parte delle associazioni per i diritti umani, la corte si è riunita solo per concedere al governo ulteriore tempo per aggiornare la sua risposta preliminare alla petizione. Questo ha definito il tono dell’iter della petizione nei successivi 12 mesi.

Ogni volta che i ricorrenti hanno fornito dati sul peggioramento delle condizioni della popolazione civile e hanno sottolineato l’urgente necessità di un intervento giudiziario, il tribunale si è limitato a chiedere al governo ulteriori aggiornamenti. Nel suo aggiornamento del 17 aprile, ad esempio, il governo ha insistito di aver aumentato significativamente il numero di camion di aiuti umanitari in entrata a Gaza, sostenendo che tra il 7 ottobre 2023 e il 12 aprile 2024 aveva consentito a 22.763 camion di attraversare i checkpoint. Ciò equivale a 121 camion al giorno, una quantità che, secondo tutte le agenzie umanitarie che operano a Gaza, è ben lontana dal soddisfare i bisogni della popolazione.

Nell’ottobre 2024, almeno sei mesi dopo la presentazione della petizione, le organizzazioni per i diritti umani chiesero al tribunale di emettere un’ingiunzione dopo che il governo aveva deliberatamente bloccato gli aiuti umanitari per due settimane. In risposta, il governo affermò di aver monitorato attentamente la situazione nel nord di Gaza e che “non c’era carenza di cibo”. Due mesi dopo, tuttavia, il governo confessò di aver sottostimato il numero di residenti palestinesi intrappolati nel nord di Gaza, riconoscendo così che gli aiuti in arrivo nella Striscia erano insufficienti.

Il 18 marzo 2025, dopo che Israele aveva violato l’accordo di cessate il fuoco e ripreso i bombardamenti su Gaza, e il ministro dell’Energia e delle Infrastrutture aveva interrotto la fornitura di elettricità alla Striscia, i ricorrenti hanno presentato un’ulteriore richiesta urgente di un provvedimento provvisorio contro la decisione del governo di impedire il passaggio degli aiuti umanitari. Ancora una volta, il tribunale non si è pronunciato.

Infine, il 27 marzo, più di un anno dopo la presentazione della petizione da parte delle organizzazioni per i diritti umani, la corte ha emesso un verdetto. Il Presidente della Corte Suprema Yitzhak Amit e i giudici Noam Sohlberg e David Mintz hanno stabilito all’unanimità che la petizione era infondata. Il giudice David Mintz ha intrecciato la sua risposta con testi religiosi ebraici, definendo gli attacchi di Israele una guerra per dovere divino, concludendo che “[L’esercito israeliano] e gli imputati hanno fatto di tutto per consentire la fornitura di aiuti umanitari alla Striscia di Gaza, pur correndo il rischio che gli aiuti trasferiti finissero nelle mani dell’organizzazione terroristica Hamas e venissero da questa utilizzati per combattere contro Israele”.

Pertanto, in un momento in cui le agenzie umanitarie hanno ripetutamente denunciato livelli acuti di malnutrizione e fame, la Corte Suprema israeliana – sia nel modo in cui ha gestito il procedimento giudiziario sia nella sua sentenza – ha ignorato l’obbligo legale di Israele di astenersi dal privare la popolazione civile di beni indispensabili alla sua sopravvivenza, anche impedendo volontariamente l’arrivo di aiuti umanitari. Di fatto, la Corte ha legittimato l’uso della fame come arma di guerra.

Questa è la corte che centinaia di migliaia di israeliani stanno cercando di salvare. La sua sentenza del 27 marzo – e quasi tutte le altre sentenze che coinvolgono i palestinesi – rivelano che la Corte Suprema di Israele è una corte coloniale – una corte che protegge i diritti della popolazione dei coloni, legittimando al contempo l’espropriazione, lo sfollamento e la terribile violenza perpetrata contro i palestinesi indigeni. E sebbene la Corte Suprema possa non riflettere i valori del governo attuale – in particolare su questioni relative alla corruzione politica – riflette indubbiamente, e ha sempre riflesso, i valori del regime coloniale.

Pertanto, i sionisti liberali che riempiono le strade di Tel Aviv ogni fine settimana non stanno manifestando contro una riforma giudiziaria che mette a repentaglio la democrazia, ma contro una riforma che mette a repentaglio la democrazia ebraica. Pochi di questi manifestanti hanno seri dubbi sulla terribile sentenza della Corte sugli aiuti umanitari, o, se è per questo, sul modo in cui la Corte ha costantemente difeso l’apartheid israeliano e i pilastri coloniali. Il regime, in altre parole, può continuare a eliminare i palestinesi senza ostacoli, purché i diritti dei cittadini ebrei israeliani siano garantiti.