Il 15 luglio l’Unione Europea ha pubblicato una nuova lista di misure restrittive contro le attività di ‘destabilizzazione russa’: figurano giornalisti, attivisti e anche militari russi
Il Consiglio dell’Unione Europea, con la Decisione (PESC) 2025/1443 del 15 luglio, aumenta gli obiettivi soggetti a misure restrittive con la motivazione di partecipare al progetto di ‘destabilizzazione russa’ nell’Unione.
Nella lista figurano attivisti,giornalisti, testate giornalistiche e siti web, oltre che ad esponenti militari e intere unità militari russe. Le motivazioni di queste misure nella lista sono generiche e non sufficientemente documentate per giustificare l’applicazione di misure restrittive , le quali comprendono congelamenti dei beni, divieti di viaggio e divieto di mettere a disposizione fondi e risorse economiche, oltre che, nel caso dell’informazione, l’oscuramento della visibilità.
Nella lista figura anche l’Associazione dei Giornalisti BRICS, la quale ha condannato le sanzioni imposte dall’UE inviando una lettera al Segretario Generale delle Nazion Unite. “Si prega di prendere misure e assistere nell’osservanza e nella protezione dei diritti dei giornalisti e dell’Associazione dei giornalisti BRICS nelle condizioni attuali, per garantire il diritto alla libertà di parola, ai diritti civili, condannando la loro persecuzione”, ha scritto Ivan Melnikov direttore del Dipartimento per la protezione dei diritti dei giornalisti dell’associazione.
La narrativa traballante del Consiglio
La Decisone apre condannando le “attività maligne della Russia contro l’Unione, i suoi Stati membri, le organizzazioni internazionali e i paesi terzi“, specificando che la campagna ibrida condotta dalla Russia sarà contrastata dall’UE con tutti i mezzi disiponibili, compresi strumenti ibridi per “prevenire, scoraggiare e rispondere alle minacce ibride della Russia”. Tra le attività ibride vengono citati i sabotaggi, l’interruzione delle infrastrutture critiche, gli attacchi informatici, la manipolazione delle informazioni e i tentativi di minare la ‘democrazia’, anche nel processo elettorale.
La guerra ibrida non è certo stata inventata ne utilizzata esclusivamente dalla Russia. Un metodo di conflitto che, oltre alla guerra cibernetica, comprende sabotaggi, terrorismo e manipolazione cognitiva, metodi del conflitto non convenzionale o asimmetrico. Strumenti utilizzati però dalle principali potenze mondiali: occidentali, europee e asiatiche. E’ per questo che la condanna e l’applicazione di restrizioni ad una metodologia di conflitto utilizzata dalla stessa Unione Europea risulta essere una misura ipocrita (anche perchè unilaterale) che aggrava ancora di più le relazioni diplomatiche oltre che la credibilità (se ancora è rimasta) dei politici e degli organi europei nel panorama internazionale.
Dall’invasione russa in Ucraina, l’Unione ha scelto una narrativa propagandistica (nel senso tecnico del termine) che insiste sulla dicotomia buono-cattivo-bene-male: questa liberticida dell’ informazione e del diritto ad essere informati. Questo è il contesto in cui siamo, della manipolazione cognitiva, che si traduce in Europa nella disinformazione e nell’attacco (antidemocratico) contro tutte le narrazioni che dissentono dalla narrativa unica imposta, utilizzando la deleggitimazione e non l’argomentazione in uno scontro dialettico.
La narrativa abbracciata dalle Istituzioni europee quindi risulta faziosa. Una narrativa che danneggia esclusivamente l’Unione e i suoi cittadini, oltre che la credibilità a livello internazionale. Una narrazione che ci porta sempre più ad uno scontro frontale con la Russia e altri Paesi.