Intervista Rai Papa Francesco: “il problema più grande sono le industri delle armi”

Intervista integrale Rai a Papa Francesco 1 Novembre 2023 – Rai

Cosa ha provato guardando le immagini dell’attacco di Hamas del 7 ottobre e dei bombardamenti israeliani su Gaza?

Ogni guerra è una sconfitta. Non si risolve nulla con la guerra. Tutto si guadagna con la pace e con il dialogo. Sono entrati nei Kibbutz, hanno preso ostaggi, hanno ucciso qualcuno; poi la reazione di Israele di andare a prendere ostaggi e salvarli. In guerra uno schiaffo ne provoca un altro, e uno più forte e uno più forte ancora. Così si va avanti. La guerra è una sconfitta. Due popoli che devono vivere insieme con quella soluzione saggia: due stati limitati e Gerusalemme come stato speciale (accordi di Oslo).

Lei l’altro giorno durante la preghiera per la pace ha parlato dell’ora più buia. È questa un’ora buia?

Assolutamente sì. Non si trova la capacità di provare a riflettere con chiarezza. È, nell’ora più buia, una sconfitta in più. È così dalla fine della Seconda guerra mondiale, una sconfitta dopo l’altra. Perché non si sono fermate le guerre. Sai ma il problema più grande sono le industri delle armi. Oggi, queste industrie, sono gli investimenti che generano più profitto. – Più guerre più soldi? -(Annuisce).

Per usare un paradosso giornalistico sembra che è come se ci stessimo abituando all’orrore della guerra, è così?

All’inizio del pontificato ricordo un momento difficile per me, l’inizio del conflitto in Siria. Per me è stata una cosa brutta, ma purtroppo uno ci si abitua e non bisogna abituarsi.

Lei teme un escalation mondiale?

Penso che la saggezza umana possa fermare tutto questo. Certo, c’è sempre la possibilità che ciò accada. A noi queste guerre ci toccano per quello che rappresenta il conflitto tra Israele e Palestina, la Terra Santa, e anche l’ucraina perché è vicina a noi. Ma ci sono tante guerre nel mondo che a noi non toccano. Ci sono le guerre del Kivu, Yemen, Myanmar. Il mondo è in guerra e dietro ci stanno le industrie delle armi.

Alcuni reduci dei campi di sterminio durante l’olocausto hanno comparato l’attacco ai kibbutz da parte di Hamas come un nuovo olocausto. Lei teme un rigurgito dell’antisemitismo?

Purtroppo, l’antisemitismo rimane nascosto. Lo si vede nei giovani che fanno cose ispirandosi al passato. Purtroppo, le oltre 6 milioni di persone uccise non sono bastate.

Si passa da una guerra ad un’altra ormai con una naturalezza paradossale, se non inquietante. Mediaticamente ormai si parla pochissimo del conflitto russo- ucraino, in favore del quale il Vaticano si è speso molto. Però lo sforzo ucraino non è stato all’altezza delle vostre aspettative. Come mai?

Il popolo ucraino non dobbiamo giudicarlo. Oggi il popolo ucraino è un popolo martire. Ha avuto persecuzioni al tempo di Stalin molto forti. Ho letto un libro commemorativo su questo, è stato terribile. E adesso qualsiasi cosa gli fa rivivere quel periodo. Io li capisco, ho anche ricevuto il presidente Zelensky, ma ci vuole la pace. Fermatevi! Gli accordi sono la vera soluzione.

Ha pensato in questi giorni di andare a Gaza o piuttosto a Kiev o a Mosca?

Il secondo giorno della guerra russo-ucraina sono andato all’Ambasciata russa.  Ho detto che ero disposto ad andare a parlare con Putin. Sono stati disponibili quando presentavo i nomi dei prigionieri da liberare, quelli cui era possibile liberare. Ma poi il dialogo è finito lì. Successivamente mi scrisse Lavrov che mi disse che, se avessi voluto, sarei potuto andare a parlare, ma che non era necessario. Mi sarebbe piaciuto andare a parlare con le due le parti.

Oltre che ad abituarci alle guerre, la gente si sta abituando anche alle morti in mare. Più volte lei ha parlato di crimini contro l’umanità. Perché tutt’oggi i migranti continuano a morire in mare? L’Europa cosa deve fare e cosa non ha fatto fino ad oggi e perché ha lasciato sola l’talia per tanto tempo. 

Io sono figlio di migranti. In argentina siamo 46 mln e gli autoctoni sono solo 6 milioni. Sono abituato alle migrazioni. Per me l’esperienza della migrazione è esistenziale. Oggi è una cosa molto drammatica. In Europa, principalmente cinque sono i paesi che soffrono di più la migrazione: Cipro, Malta, Italia, Grecia e Spagna. L’Europa deve essere solidale, i paesi membri devono entrare in dialogo.  Quando vengono i migranti dalla Libia vediamo le crudeltà dei lager libici, c’è molta crudeltà lì, è incredibile. L’ultimo naufragio in Calabria è qualcosa di incredibile.

Poi, degli studi dicono che noi abbiamo bisogno di migranti perché non facciamo figli, ci sono paesini vuoti che hanno molto bisogno di gente che ci lavori.

Una politica migratoria sana ha quattro passi fondamentali: riceverli, accompagnarli, promuoverli e inserirli nel tessuto sociale. Una politica del genere costa, ma penso sempre alla Svezia, che ha fatto un bel lavoro durante il periodo delle dittature latino-americane. Venivamo i migranti, gli insegnavano la lingua e poi gli trovavano il lavoro. Integrare è la parola chiave. Ma se uno non integra il migrante si creano problemi. Ricordo l’attentato terroristico all’aeroporto in Belgio. I ragazzi erano migranti, ma migranti non inseriti, lasciati a sé stessi.

Una politica migratoria deve essere costruttiva sempre. Per il bene loro, del paese e dell’Europa.

Lei ha aperto la chiesa alle donne. Che futuro vede nella vita della chiesa?

Qui al Vaticano ci sono molte donne. Per esempio, la vicegovernatrice dello Stato è una donna. Nel consiglio dell’economia, composto da sei cardinali e sei laici, cinque delle figure laiche sono donne. Poi molte segretarie sono messe al posto dei monsignori. Anche nella commissione per scegliere i vescovi ci sono tre donne. Questo perché le donne capiscono cose che noi non capiamo. Credo che vadano inserite nel lavoro della chiesa.  – E il passo in più? –

Lei si riferisce alle ordinazioni sicuramente. Lì c’è un problema teologico, non amministrativo. Le donne possono fare tutto nella chiesa, ma dal punto di vista ministeriale le cose sono diverse. C’è una differenza tra il principio petrino, che è quello della giurisdizione, e quello mariano, che è quello più importante, il quale dice che in quanto la chiesa è donna, è sposa. La donna nella chiesa ricopre un ruolo più importante rispetto ministri. È più importante Maria che Pietro. Se volessimo ridurre questo al funzionalismo, perdiamo.

L’abolizione del celibato dei preti favorirebbe a superare la crisi delle vocazioni?

È una legge positiva non naturale, ad esempio i preti delle chiese orientali si possono sposare. Nella Chiesa occidentale c’è una disciplina secolare. Una legge però può essere modificata o tolta. Ma, secondo me, non sarebbe risolutivo. Certamente risolverebbe il problema di molti preti, che in quanto zitelli, si creano un’aura di sacralità e questo non mi piace perché fa perdere il contatto con la realtà. Il prete deve essere figlio e padre. Deve essere a contatto con la società.

Sempre nel sinodo si è toccato il tema dell’omosessualità. È soddisfatto?

Quando dico che la Chiesa accetta tutti significa tutti. La chiesa accetta tutte le persone. Poi dentro avviene la maturazione nella sua appartenenza cristiana. È vero che oggi è un po’ alla moda parlare di questo argomento. Ma la chiesa riceve tutti quelli che possono essere battezzati. Ad esempio, le organizzazioni non possono essere battezzate. Le persone si.

Nella scorsa intervista mi ricordo che mi raccontò che papa Ratzinger le aveva consegnato due scatoloni con i “mali” della chiesa. E disse che sarebbe toccato a lei portarli avanti. A che punto siamo?

Abbiamo continuato. È stata fatta molta pulizia. Molti della curia sono stati mandati via. Papa Ratzinger è stato molto coraggioso ad avviare queta pulizia. L’abuso sia di coscienza che sessuale non va tollerato. È contrario al vangelo. Il vangelo è servizio, non abuso. Molti episcopati hanno fatto un buon lavoro nello studio dei casi di abuso. Purtroppo, noi non abbiamo la cultura di lavorare contro gli abusi. Il 42% degli abusi sono in famiglia o nel quartiere, e la gente ha l’abitudine di coprire tutto, è brutto. C’è ancora tanto da fare, tante ingiustizie e la chiesa continuerà   a lavorarci.

Dopo di lei che chiesa sarà?

C’è sempre la malinconia del passato. Nelle istituzioni avviene e anche nella chiesa. Coloro che vogliono tornare indietro, gli indieresti, non accettano che la Chiesa vada avanti. La Chiesa è in cammino e deve crescere. Anche il modo di essere Chiesa deve crescere. Una chiesa che si stacca dalla radice va indietro. La tradizione è crescere e andare avanti. Ad esempio, la pena di morte e la schiavitù una volta erano accettate, ora non più. Così come le armi atomiche.

Il suo è stato definito un pontificato troppo innovatore, sono arrivati a definirla un papa di sinistra. Lei si sente un papa di sinistra?

A me non piace questa divisione. Sono qualifiche non reali. La coerenza è l’unica qualifica.

La santa sede ha sottoscritto gli argomenti sul clima. Lei più volte ha denunciato le persone che minimizzano la portata del cambiamento climatico. Lei teme che questa Cop28 finirà in un nulla di fatto? È vero che andrà a Dubai?

Si ci andrò. Prima di Parigi è uscito “Laudato sì”. L’incontro di Parigi è stato il più bello. Dopo tutte le nazioni hanno fatto dietrofront. Ci vuole coraggio per andare avanti. Dopo l’uscita di “Laudato sì” hanno chiamato cinque compagnie petrolifere importanti per giustificarsi, ma è inutile. Ci vuole coraggio per portare avanti una transizione ecologica rapida. Siamo ancora in tempo. Ne vale del futuro dei nostri figli e nipoti. Un po’ di responsabilità.