Tra un mese, il conflitto compie il suo primo compleanno. Tra le 50 e le 70mila vittime, cifra sottostimata. Più di 85mila tonnellate di esplosivo riversato nell’area: colpite strade, case, scuole, uffici, università, chiese, moschee, ospedali e negozi. Colpita la rete elettrica, quella internet, la rete idrica e i generatori degli ospedali. Chiusi i varchi per entrare e uscire dalla Striscia, bloccati i passaggi per gli aiuti medici internazionali e per i convogli umanitari: i pochi operatori stranieri che sono riusciti ad entrare sono stati feriti o uccisi dai droni insieme alla folla durante la distribuzione della farina, oppure sono stati colpiti con precisione nelle loro macchine. Oltre il 90% delle infrastrutture è stato raso al suolo, soprattutto le strade di collegamento con gli ospedali, così che le ambulanze non possano arrivarvi. Si colpiscono gli unici negozi rimasti in piedi trasformati in panetterie, infatti, la farina è l’unica cosa che si trova, quando si è fortunati. Dopo i primi mesi sono finiti i sacchi per i cadaveri, allora si sono cominciati ad usare tappeti o lenzuola bianche, conferendo alle salme la forma di caramelle. I cadaveri, seppelliti come si può, non sempre sono riconoscibili e quasi sempre si tratta di famiglie intere. Capita spesso che bisogna seppellirli più volte perché sono passati i bulldozer israeliani o perché hanno subito l’impatto di una bomba. Si continuano a colpire i bambini, le donne, gli anziani e i giovani. Si assassinano operatori ONU, medici, giornalisti, insegnanti, artisti e religiosi. I cecchini sparano nel petto dei bambini, forzatamente spostati da Israele da un luogo ad un altro in cerca di rifugio dai bombardamenti. Si spara alle persone che camminano con braccia e bandiere bianche alzate, uccidendoli. E si scoprono nuove fosse comuni, quando l’esercito israeliano si sposta in altre zone, con dentro cadaveri ammanettati e giustiziati con un colpo alla testa, spesso privati degli organi.
Fuori dalla Striscia i coloni colpiscono i convogli con il cibo e assalgono i guidatori. In Cisgiordania si sta completando l’occupazione di quelle poche terre che rimangono ai contadini e ai pastori palestinesi, bruciando le case, aggredendo le mogli e i figli e, anche qui, sparando e uccidendo, con la complicità dell’esercito israeliano che si guarda bene dall’intervenire. I conti nelle banche dei palestinesi sono stati svuotati, le proprietà sequestrate e ai lavoratori non si permette più di uscire dalla zona occupata per andare a lavorare. Continuano le incursioni di esercito e polizia in Cisgiordania e dall’inizio del conflitto più di 600 persone sono state uccise e quasi 10mila sono state incarcerate, ovviamente senza processo. Nelle carceri le persone sono torturate, seviziate e detenute in condizioni indicibili, sull’esempio di Abu Ghraib.
Israele è l’unica ‘democrazia’ al mondo che, da quando si è insediata, incarcera minori in prigioni militari, violando impunita il diritto internazionale.
Quello che fa male è come noi stiamo reagendo. Così come il Covid ha portato alla luce la mancanza di strategia per un piano sanitario emergenziale internazionale, così questo conflitto e quello ucraino hanno portato alla luce tutto il marcio e il corrotto delle nostre società. I governi con i loro politici, le agenzie di informazione con i loro giornalisti, le società private e le banche che speculano e guadagnano, e i ‘padroni’ dei social che decidono la visibilità di certe notizie e altre no. Certo nulla di nuovo, si poteva immaginare, ma la rabbia è tanta nel sentire ogni giorno notizie false e propaganda, interi palinsesti volti al disimpegno e una classe imprenditoriale/dirigente che non solo non è intellettualmente in grado di prendere decisioni lungimiranti ed umane, ma viene corrotta per non farlo. La cosa peggiore è che, quando scendiamo in piazza per manifestare il nostro dissenso nei confronti di questa classe politica infida e approfittatrice, i governi dispiegano le forze dell’ordine e reprimono la voce con la violenza. Noi europei e occidentali, che ci ergiamo a sola forma di società sviluppata e civile, arrestiamo ogni giorno giornalisti e oppositori politici, lasciando che la nostra classe politica ci prenda in giro, come se non capissimo gli interessi in gioco.
Sono mesi che raccontano che la pace e gli accordi sono vicini mentre uccidono tutti gli esponenti della frangia più moderata di Hamas – a Gaza, in Libano e, con un assassinio stile film hollywoodiano, in Iran – che devono sedersi al tavolo degli accordi. Gli stessi accordi che, come abbiamo ormai capito in base agli interessi israeliani, statunitensi ed europei, obbligatoriamente devono prevedere la presenza stabile delle truppe israeliane sul territorio di Gaza, ora divisa in due dal ‘Corridoio Netzarim’. Faranno fuori gli esponenti a uno a uno fintantoché troveranno qualcuno disposto a lasciarli fare.
Sono mesi che assistiamo a decine di attentati terroristici in giro per il mondo perpetrati dai nostri governi: il sabotaggio del NordStream 1 e 2; l’attentato al Crocus City Hall a Mosca, l’esplosione a Kerman durante la celebrazione del martirio di Soleimani; l’assassinio firmato Israele di Ismail Haniyeh, leader politico di Hamas; il bombardamento dell’ l’ambasciata iraniana in Syria; assassinati in Libano prima Saleh al-Arouri, poi Fuad Shukr ; il danneggiamento dei cavi di rete nei fondali, centro nevralgico per il passaggio mondiale dei cavi sottomarini; i bombardamenti illegali di UK e Usa su San’a’.
Sono mesi che aspettiamo il cessate il fuoco umanitario e puntualmente gli Stati Uniti pongono il veto al Consiglio di Sicurezza ONU. Sono mesi che la retorica bellicista della nostra politica sostiene e giustifica il genocidio in corso a Gaza: dall’autodifesa al recupero degli ostaggi, dalle minacce palestinesi alla soluzione dei due stati fino alla popolazione che foraggia i gruppi terroristici, e quindi è terrorista a sua volta. Tutti elementi propagandistici che non rappresentano la realtà e che costituiscono la retorica su cui questo conflitto si fonda. Ma la maggior parte dei popoli si è accorta delle bugie, come testimoniano le costanti repressioni, soprattutto dei giovani universitari, in tutte le piazze del mondo.
Oggi sappiamo che il 7 Ottobre l’esercito israeliano ha messo in pratica il Protocollo Annibale, che prevede l’uccisione di più persone possibili per diminuire il numero di prigionieri potenziali. Sappiamo che quel giorno gli elicotteri dell’IDF spararono contro i civili israeliani e contro le loro case, incidendo significativamente sul bilancio dei morti. Oggi sappiamo che gli ostaggi israeliani morti a Gaza sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani e che gli ostaggi rilasciati da Hamas erano in condizioni di salute; al contrario, i prigionieri palestinesi rilasciati riportano segni evidenti di tortura. Anche la militare ostaggio Noa Argamani, tornata in Israele, ha smentito, con risentimento nei confronti dei media e del governo israeliano, di essere stata aggredita dai sequestratori, affermando che le ferite da lei riportate sono dovute al crollo del palazzo nel quale era detenuta, bombardato dall’aeronautica militare israeliana. Ha detto: “Come vittima del 7 ottobre non permetterò che i media mi vittimizzino ancora una volta”. Il giorno stesso, questa testimonianza è stata oscurata da Google e non ripresa dai media tradizionali europei ed occidentali. Oggi sappiamo anche che la retorica del bombardamento a tappeto come unica strategia per recuperare gli ostaggi è una grandissima manipolazione della realtà. Infatti, l’8 Giugno 2024, quattro ostaggi, tra i quali Noa, sono stati liberati durante un blitz israeliano a Nuseirat. Lo stesso giorno e negli stessi istanti, sono state uccise oltre 280 persone a Nuseirat, una carneficina: basta riprendere le immagini e i video di quel giorno. Insomma, un diversivo costato 300 vite umane palestinesi, con la scusa dei quattro ostaggi. Ci sono i video dei droni che sparano sulla folla inerme e bombe che esplodono sulle strade e sui mercati, puro orrore. Inoltre, anche recentemente, un blitz in un tunnel che ha portato al recupero di un ostaggio, conferma la tesi che l’unico modo per recuperare degli ostaggi è intraprendere un’operazione mirata e rapida, come si fa a Roma, Mosca e New York. Oggi sappiamo che da quando è iniziato il conflitto, Israele non ha regole d’ingaggio, il che significa che non esiste un numero di vittime ‘collaterali’ che condiziona l’approvazione dei bombardamenti o l’ingaggio a terra dei soldati. Tesi sostenuta dall’utilizzo dell’IA Levender e Where is Daddy, funzionamento riportato da +972 Magazine, che prevedono l’intervento dell’uomo solo per lanciare l’attacco: strumenti perversi di morte e sofferenza, già denunciati da euJournal in più occasioni.
Soprattutto, quello che veramente oggi sappiamo è che non si è mai trattato del diritto all’autodifesa: argomento cardine su cui si basa tutta la narrativa propagandista. Si tratta piuttosto degli interessi strategici occidentali nel Medio Oriente e di Israele come elemento essenziale, senza il quale paesi arabi e Iran avrebbero il predomino sul commercio del petrolio e del passaggio cruciale delle rotte internazionali nelle loro terre, sviluppando un’indipendenza economica e politica che capovolgerebbe gli assetti geopolitici. Nessuno, neanche i governi dei paesi arabi, ha a cuore la vita dei palestinesi, ma piuttosto la loro posizione strategica in visione anti-imperialista occidentale. Altro che diritto all’autodifesa e lotta di religione. L’esistenza di Israele è in pericolo sin da quando inglesi e francesi hanno deciso di crearla a tavolino, non curandosi della società e della cultura che lì viveva da secoli, una società in piena armonia religiosa tra Cristiani, Mussulmani ed Ebrei. Se oggi veramente vogliamo cessare questo genocidio, il primo passo è abbandonare la visione imperialista occidentale e le pretese economiche ed egemoniche in Medio Oriente. Se non compiamo prima questo passo si potrà arrivare solo a brevi tregue, anche di qualche anno, ma non si risolverà mai la tragedia sociale israelo-palestinese iniziata intorno al 1910.