Leon Wieseltier ha scritto: “Ci sono già troppe persone in troppi luoghi che sono state vittime della loro fiducia nell’America”.
Dal Vietnam, Iran, Yugoslavia, Afghanistan, Ucraina la nostra democrazia, globalizzata, è in un momento di grande discussione, non dei politici di cui poco vedono sul nostro futuro, ma da alcuni uomini intellettuali o dai cittadine del mondo che non possono far nulla perché la nostra democrazia si sciolga nella democrazia americana. Pochi uomini si sono fatti carico di un’economia che distrugge i nostri valori e ritengo che Ratzinger sia un uomo che ci fa capire cosa bisogna fare: Senza verità si cade in una visione empiristica e scettica della vita.
Benedetto XVI essere un papa fuori dal tempo, fuori dalla storia. Non credo lo sia stato, né che lo sia. Trovo in lui quella grandiosità intellettuale, scevra dalla politica a cui si sono dedicati molti suoi predecessori, che non ha rotto, questo sì, il tempo, ma ha squarciato le tenebre in un mondo ancora non abituato alla luce. Per ciò stesso è difficile comprendere quanto Benedetto XVI ha inteso dire, troppo spesso imbrigliato dietro quei canoni massmediologici in cui – e in questo caso più che in altri – il relativismo più volte denunciato è apparso dominante, modello del vacuo e del nulla. In tanti modi è possibile condurre una battaglia: quella di Benedetto XVI è stata umile, ma non meno incisiva, condotta sul filo dell’intellettualità e forse, per questo, è apparsa lontana. Lascia a noi tutti lezioni da ascoltare con maggiore attenzione, parole da leggere con animo più attento, inviti da non rifiutare per le sollecitazioni richiamate. Giovanni Paolo II ‘il leone’; Benedetto XVI ‘il pensiero’. Fu proprio Giovanni Paolo II a non assecondare il desiderio dell’allora cardinale Ratzinger di un volontario esilio tra i suoi amati testi. Aveva ragione: non si può fare a meno di un uomo che, pur rigido nel concepire una Chiesa al servizio del prossimo, nel ragionare non ha mai perso l’orizzonte del mondo in cui si è trovato a vivere. Molti lo hanno definito conservatore: ma in che cosa? E’ possibile concepire una Chiesa ‘progressista’ sollecitata da culture temporali i cui obiettivi, a tutt’oggi, navigano in acque agitate? La Chiesa di Ratzinger è una Chiesa dedita alla riflessione ed è qui che si trova quella parte ‘progressista’, dai più ignorata, che pur muovendosi in un solco tracciato sa innovare anche i metodi più terreni di gestione della fabbrica di San Pietro. Sono stati commessi errori? Chi non li commette o non li ha mai commessi? Ma sarebbe un ulteriore errore valutare solo questi. Nella sua ultima lettera enciclica, Benedetto XVI, sviluppando il tema del ruolo sociale della Chiesa, afferma che la giustizia e il bene comune devono guidare le società nell’era della globalizzazione. ‘Accanto al bene individuale, c’è anche un bene legato al vivere sociale delle persone’. Il sentire l’esigenza della giustizia non vuol dire altro che adoperarsi per il bene comune. “La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende minimamente d’intromettersi nella politica degli Stati. Ha però una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell’uomo, della sua dignità, della sua vocazione. Senza verità si cade in una visione empiristica e scettica della vita, incapace di elevarsi sulla prassi, perché non interessata a cogliere i valori — talora nemmeno i significati — con cui giudicarla e orientarla. La fedeltà all’uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà e della possibilità di uno sviluppo umano integrale”
Per Ratzinger laicità e democrazia sono figlie della cristianità e non credo che tale pensiero possa essere a lungo ignorato. E’ pur vero che da tale assunto fa emergere la superiorità del cristianesimo su entrambe, ma non è una superiorità supponente in quanto il cristianesimo, nel sistematizzare la filosofia greco-romana, esalta la ragione elevandola a mezzo per la comprensione dell’esistenza e del messaggio di Dio. Ovviamente non di un Dio qualunque. Diverso, però, è sostenere che democrazia e laicità siano figlie dirette del cattolicesimo, seppur nel contempo, è bene ricordare, sia innegabile che grazie a quest’ultimo, per secoli, sia stato possibile mantenere in vita il profondo messaggio sulla dignità e sulla libertà di coscienza della persona, temi che diverranno oggetto di riflessione e ampliamento per trasformarsi in quelle radici da cui laicità e democrazia germoglieranno. “Noi veneriamo in Gesù il Fondatore di un’Epoca emancipatrice dell’individuo, l’Apostolo dell’Unità della Legge… il Profeta dell’uguaglianza delle anime;… ci prostriamo davanti a lui… armonia tra il pensiero e l’azione…” (G. Mazzini, Dal Concilio a Dio, 1870). Il pensiero umano è un continuum che si intreccia e spesso si libera dal passato per affermare quelle diversità che, di fatto, sono rintracciabili in tutti i solchi che lo stesso pensiero umano ha tracciato e che per ragioni storiche, umane, non sono stati adeguatamente osservati.
Benedetto XVI non enuncia una massima finalizzata al mantenimento del potere temporale, ma ci trasmette una riflessione sulla società globalizzata che ha smarrito il significato stesso di Stato e di progresso economico. “Il tema dello sviluppo coincide con quello dell’inclusione relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nell’unica comunità della famiglia umana, che si costruisce nella solidarietà sulla base dei fondamentali valori della giustizia e della pace.”
E ancora: “Non è necessario che lo Stato abbia dappertutto le medesime caratteristiche: il sostegno ai sistemi costituzionali deboli affinché si rafforzino può benissimo accompagnarsi con lo sviluppo di altri soggetti politici, di natura culturale, sociale, territoriale o religiosa, accanto allo Stato. L’articolazione dell’autorità politica a livello locale, nazionale e internazionale è, tra l’altro, una delle vie maestre per arrivare ad essere in grado di orientare la globalizzazione economica. È anche il modo per evitare che essa mini di fatto i fondamenti della democrazia.”
Infine: ”Le attuali dinamiche economiche internazionali, caratterizzate da gravi distorsioni e disfunzioni, richiedono profondi cambiamenti anche nel modo di intendere l’impresa… è un fatto che si va sempre più diffondendo il convincimento in base al quale la gestione dell’impresa non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari della stessa, ma deve anche farsi carico di tutte le altre categorie di soggetti che contribuiscono alla vita dell’impresa: i lavoratori, i clienti, i fornitori dei vari fattori di produzione, la comunità di riferimento… l’autorità politica ha un significato plurivalente, che non può essere dimenticato, mentre si procede alla realizzazione di un nuovo ordine economico-produttivo, socialmente responsabile e a misura d’uomo. Come si intende coltivare un’imprenditorialità differenziata sul piano mondiale, così si deve promuovere un’autorità politica distribuita e attivantesi su più piani.” Non rintraccio, in queste poche righe, la volontà conservatrice di cui molti parlano. Non è mio compito criticare le azioni poste in essere per il governo della Chiesa, ma se il pensiero di Ratzinger sul mondo trova un consenso allargato forse le sue dimissioni possono essere interpretate nella difficoltà di far accettare riforme consequenziali al suo pensiero, ostacolate, come nella nostra realtà laica, da quanti gradirebbero piuttosto il “tutto cambia affinché nulla cambi”.