Massa e Potere: chi salverà l’umanità dagli esseri umani?

Se è vero che il Potere opera manipolando la storia e i fatti, inculcando una narrazione a sé favorevole nelle menti e nella memoria della propria ‘massa cittadina’, allo stesso modo è vero che la stessa massa ha un ruolo fondamentalmente attivo nel farsi plasmare: accettando, interiorizzando e praticando la stessa memoria inculcata. Il primo passo verso l’interiorizzazione e la pratica del sopruso è la deumanizzazione: dal lessico all’eliminazione fisica, preferibilmente violenta e indegna.

Partire dal lessico è fondamentale per il Potere. Si prediligono termini polarizzanti: noi, voi. Questo, l’altro. Attraverso un’erosione della capacità di espressione e dunque l’erosione della possibilità di esprimere la complessità, si arriva all’incapacità di esprimersi e di definire l’altro, che diventa qualcosa di estraneo. Un qualcosa che non coincide con il ‘Noi’: definiti in una cultura, sotto una bandiera e un unico nome. Tutto quello che matematicamente non si sovrappone con il ‘Noi’, semplicemente ‘non è’. Questa è la prima grande violenza che si compie.

Il Potere opera in suo favore per fare cosa? Per indurre a fare o a non fare alla propria ‘massa cittadina’ quello di cui necessita per rimanere ‘Potere’. A seconda del momento e delle necessità, instilla paura e sofferenza, facendo leva sui sentimenti: trasversali a qualsiasi essere umano. Quando gli fa comodo, come con un pulsante, il ‘Potere’ riesce a disattivare i sentimenti della sofferenza, della compassione e dell’empatia per lasciare il campo all’alienazione e alla deumanizzazione. Corrisponde ad un’enfatizzazione di un particolare segmento di ‘memoria cittadina’, collettiva e interiorizzata, accendendo e spegnendo le capacità cognitive delle persone.

Ma può essere solo così? Il meccanismo della deumanizzazione, l’unione della violenza semantica con quella fisica, prolifera e funziona solo quando c’è assenza di coraggio associato alla paura del‘l’altro’, del diverso. Una paura che si autoalimenta dall’incapacità di definire e allo stesso tempo dalla paura di decostruire tutte le proprie convinzioni, la propria memoria, ritrovandosi con ‘nulla’ e appartenendo a ‘niente’. “La mia vita è tutta un falso. La mia esistenza è fondata su una narrazione manipolata che non corrisponde alla verità storico-universale”. Chi lo direbbe mai?

E nello stesso momento solo quando c’è un netto e significativo vantaggio, allora la persona si abbandona in questo cerchio infinito di paura, codardia e violenza scaturita dalla paura e così via. E il vantaggio, prima che essere economico e politico (forse questo è vero per chi ha interessi diretti con il potere) è semplicemente l’essere accettati dalla massa stessa alla quale si appartiene. Visto che si muove tutta insieme nella stessa direzione, chiunque non si muova o si muova in senso opposto, automaticamente ‘non è’. E il ‘non essere’, ovvero ritrovarsi in una condizione di non appartenere, (e rimanerci) implica molto coraggio, lo stesso che proprio il potere ha tolto.

Partendo quindi da una situazione in cui l’individuo, ovvero l’unità di base della massa, attraversa in un unico istante cognitivo una condizione prima di incapacità di comprensione, poi di umanità e poi una condizione permanente e definitiva di alienazione (da quella che è la sua vera essenza umana) e deumanizzazione nei confronti di tutto quello che non corrisponde alla memoria della massa e quindi alla massa stessa. Quindi un loop senza fine che vedrà l’individuo inglobato in quello che è l’unico movimento possibile, ovvero quello che corrisponde alla massa e quindi a quello che vuole il potere.

Nello stesso momento, facendo finta che noi che ora stiamo osservando questo fenomeno e riusciamo a capirlo, circoscrivendo il suo potere al suo contesto storico, culturale e temporale, ci dobbiamo domandare: ma il contesto esterno all’individuo inglobato nella massa, è pronto per accoglierlo, tale per cui il vantaggio di distaccarsi dalla massa è maggiore rispetto a quello di rimanerci inglobato? Se la risposta è sì: l’odio che c’è all’esterno, senza però la comprensione e la compassione, che ruolo gioca nel far rimanere l’individuo inglobato nella massa creata dal suo potere?

Ecco forse per salvare quell’individuo, il primo passo è agire noi nell’ordine della comprensione, nello sviluppo dell’analisi della complessità, nell’accettazione dell’altro integrandolo in un unico ‘noi’ collettivo e multiforme, umanizzando e abolendo per sempre la prima grande violenza: l’attacco alla pluralità e all’espressione della stessa.

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