UK – Rwanda policy: esternalizzazione illegale degli obblighi di asilo

 

Gli accordi sui migranti tra UK e Ruanda secondo l’UNHCR “pone seri rischi per la sicurezza dei rifugiati, proponendo un modello di asilo che mina la solidarietà globale e il sistema internazionale di protezione degli stessi. Non è compatibile con il diritto internazionale sui rifugiati“. 

FONTE: UNHCR – “Il 14 aprile 2022, il governo del Regno Unito ha annunciato un nuovo partenariato per la migrazione e lo sviluppo economico (MEDP) con il governo del Ruanda, successivamente ribattezzato partenariato per l’asilo Regno Unito-Ruanda. I due governi hanno successivamente firmato il trattato di partenariato in materia di asilo il 5 dicembre 2023, e il governo del Regno Unito ha pubblicato il disegno di legge sulla sicurezza del Ruanda (asilo e immigrazione) il 6 dicembre 2023. La legge sulla sicurezza del Ruanda è stata approvata dal Parlamento il 23 aprile 2024.”

Secondo questo accordo, i richiedenti asilo nel Regno Unito verrebbero trasferiti in Ruanda prima che le loro richieste di asilo vengano esaminate. Sarebbe quindi responsabilità del sistema nazionale di asilo ruandese considerare la loro necessità di protezione internazionale. Le persone trasferite in Ruanda, anche se avessero ottenuto lo status di rifugiato o umanitario, rimarrebbero in Ruanda”.

Mappa BBC, percorso UK-Rwanda

L’avviso dell’ONU

Dal 14 aprile 2022, quando il Governo inglese ha annunciato la nuova partnership con il Ruanda, gli esperti analisti dell’UNHCR e dell’OHCHR hanno pubblicato 9 rapporti sull’impatto dannoso che la Rwanda policy avrà sulla condivisione globale delle responsabilità, sui diritti umani e sulla protezione dei rifugiati.

Sembra però che ormai è diventata la prassi in Europa attuare piani di deportazione per gestire i flussi migratori, come i casi di Inghilterra e Italia, nonostante le conseguenze negative sulle persone e sulla proliferazione dell’economia sommersa.

Il Rwanda policy e la violazione dei diritti fondamentali

Riferimenti legislativi:

• UNHCR 2021 – Note on the “Externalization” of International Protection

• UNHCR 2013 – Guidance Note on bilateral and/or multilateral transfer arrangements of asylum-seekers

• UNHCR 1967 – Protocol Relating to the Status of Refugees

• UNHCR 1951 – Convention Relating to the Status of Refugees

 

Secondo il rapporto di Giugno 2022, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l’accordo tra Uk e Rwanda “non rispetta gli standard di legalità e appropriatezza per i trasferimenti bilaterali o multilaterali dei richiedenti asilo secondo la Convenzione sui Rifugiati del 1951”.

L’Articolo 31 della Convenzione del 1951, proibisce di comminare delle pene per l’accesso irregolare o alla presenza di un rifugiato o richiedente asilo. Secondo questo accordo, i richiedenti asilo potrebbero rischiare il respingimento e altre violazioni dei diritti fondamentali.

Il 15 novembre 2023, la Corte Suprema del Regno Unito ha dichiarato illegale tale politica perché il Ruanda non era un paese sicuro in cui i richiedenti asilo potessero essere respinti. In risposta alla sentenza della Corte Suprema, il governo ha pubblicato un nuovo trattato con il Ruanda, che prevede ulteriori garanzie, e ha introdotto una nuova legislazione , che dichiara che il Ruanda è un paese sicuro per i richiedenti asilo. Il 25 aprile 2024, il trattato del Regno Unito con il Ruanda è stato ratificato e il Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Act 2024 è diventato legge ed è ora in vigore. 

FONTE: The Migration Observatory Oxford – ” La Corte Suprema ha sollevato tre questioni principali: (1) la scarsa reputazione del paese in materia di diritti umani; (2) la presenza di gravi e sistematici difetti nel suo processo di asilo; e (3) che, in base a un accordo simile con Israele, il Ruanda ha trasferito i richiedenti asilo nei paesi di origine, violando così il principio di non respingimento. Ognuna di queste conclusioni viene ampliata a sua volta.

La sentenza della Corte Suprema ha citato prove del pessimo record del Ruanda in materia di diritti umani . Tali prove includevano una sentenza dell’Alta Corte secondo cui il Ruanda aveva recentemente istigato omicidi di persone critiche nei confronti del suo governo, il che ha portato la polizia britannica ad avvertire i cittadini ruandesi residenti nel Regno Unito di “piani credibili” dello stato ruandese per ucciderli. La corte ha anche citato le preoccupazioni dei funzionari del governo britannico in merito alle limitazioni alla libertà politica e dei media. La sentenza fa inoltre riferimento a un incidente del 2018 in cui la polizia ruandese ha sparato ai rifugiati che protestavano per i tagli alle razioni alimentari, uccidendo almeno dodici persone. La corte ha concluso che, data la ratifica da parte del Ruanda di diverse convenzioni internazionali sui diritti umani, questa condotta ha sollevato seri dubbi “in merito alla sua conformità ai suoi obblighi internazionali”.

L’ inadeguatezza del sistema di asilo del Ruanda è stata supportata dalle prove presentate alla Corte Suprema dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, o UNHCR). La Corte Suprema ha evidenziato quattro questioni specifiche:

  • Le procedure e le istituzioni del Ruanda per l’elaborazione delle richieste di asilo, come la mancanza di rappresentanza legale, il rischio che avvocati e giudici non agiscano in modo indipendente dal governo in casi politicamente delicati e, al momento, non vi sia alcun esempio di ricorso presentato contro una decisione in materia di asilo, nonostante il diritto di ricorso esista dal 2018.
  • L’alto tasso di rigetto delle richieste di asilo presentate da individui provenienti da determinati paesi. I cittadini di Afghanistan, Siria e Yemen hanno avuto tutti un tasso di successo dello 0% nelle richieste elaborate dal Ruanda dal 2020 al 2022. Al contrario, nel Regno Unito nello stesso periodo, i tassi di successo erano del 74% per gli afghani, del 98% per i siriani e del 40% per gli yemeniti.
  • La pratica del Ruanda di espellere i rifugiati nei paesi di origine in cui potrebbero essere a rischio di persecuzione, anche dopo la firma dell’accordo con il Ruanda, è una violazione del principio di non respingimento. Nella sua testimonianza alla Corte Suprema, l’UNHCR ha segnalato sei casi recenti di richiedenti asilo la cui espulsione dal Ruanda ha comportato il respingimento o lo avrebbe fatto senza l’intervento dell’UNHCR.
  • L’apparente incomprensione da parte del governo ruandese della Convenzione sui rifugiati, in particolare del principio di non respingimento. Nella sua decisione, la Corte Suprema ha osservato che il governo ruandese sembrava credere che i richiedenti asilo potessero essere espulsi se avessero presentato domanda di asilo solo dopo non aver soddisfatto i requisiti di immigrazione (secondo la Corte Suprema, non possono); e che l’espulsione dei richiedenti asilo che utilizzano documenti falsi non costituisca respingimento (per la Corte Suprema, lo è).

L’ accordo Israele-Ruanda  è stato richiamato dalla Corte Suprema per sollevare questioni circa l’impegno del governo ruandese al non-refoulement. L’UNHCR ha presentato prove che i richiedenti asilo arrivati ​​in Ruanda in base all’accordo venivano sistematicamente trasferiti clandestinamente in Uganda, una grave violazione dei loro diritti ai sensi della Convenzione sui rifugiati, di cui il Ruanda è firmatario.

Il governo del Regno Unito ha risposto alla sentenza della Corte Suprema (1) concordando un nuovo trattato con il Ruanda per sostituire il Memorandum d’intesa che inizialmente aveva definito la politica e (2) introducendo un disegno di legge che afferma che il Ruanda è sicuro per i richiedenti asilo. L’obiettivo del trattato è principalmente quello di affrontare le preoccupazioni che il Ruanda non fosse sicuro a causa del rischio che i rifugiati venissero inviati dal Ruanda in paesi in cui sarebbero stati a rischio di maltrattamenti. L’obiettivo del disegno di legge è quello di impedire alle persone di contestare il loro espulsione in Ruanda nei tribunali del Regno Unito”.

Anche l’UNHCR ripota casi di violenza contro migranti nel recente passato. Infatti, durante una protesta in Rwanda nel 2018 in una manifestazioni di migranti contro i tagli alle razioni di cibo, sono stati uccise 12 persone e 66 sono state arrestate. L’UNHCR avverte che le persone che saranno trasferite in Rwanda hanno un significativo rischio di finire arrestati e di essere trattati non in linea con gli standard internazionali dopo il loro arrivo nel paese.

L’accordo tra UK e Rwanda risulta inadeguato sotto il rispetto della protezione internazionale, e l’UNHCR considera questo un caso di esternalizzazione della protezione internazionale e quindi illegale.

 

Il fenomeno dell’ esternalizzazione

Il fenomeno dell’esternalizzazione è diventato la prassi nella politica della gestione europea dei flussi migratori. L’unico vantaggio è di tipo propagandistico, attraverso l’associazione dei problemi di carattere nazionale, come sicurezza e crisi economica, ai flussi migratori e ai loro ‘costi’.

Gli svantaggi della politica dell’esternalizzazione sono innumerevoli, tra i quali : i costi esorbitanti, la dipendenza dai paesi che gestiscono i flussi, l’arricchimento dei trafficanti di esseri umani, il mancato rispetto dei diritti umani, violenze e rapimenti.

Esempi di confini esternalizzati sono quelli tra Italia – Libia e Tunisia, Grecia – Turchia, Spagna – Marocco. Una politica UE che non tiene conto delle condanne dell’ONU, e che mette in serio pericolo l’indipendenza dei confini europei. Cedere a paesi terzi la possibilità di aprire o meno il rubinetto degli accessi, è un’arma pericolosa, insieme alle centinaia di milioni di euro che ogni anno escono per mantenere questo gioco politico.

Chi ne trae vantaggio? Sicuramente non l’Europa e neanche i paesi da cui queste persone fuggono o partono per la speranza di una vita migliore. Dunque i principali attori che ne beneficiano sono proprio i paesi a cui l’UE cede la gestione dei flussi migratori, che vedono ricevere oltre ad ingenti somme di denaro, uno strumento politico potentissimo fatto di richieste e pressioni.

Spesso proprio questi paesi ai margini dell’Unione europea sono compromessi con le organizzazioni criminali che sfruttano i flussi migratori, oppure ne incarnano le modalità di azione. Un esempio è la Guardia Costiera Libica, che tortura, chiede riscatti e spara in mare durante le operazioni di salvataggio delle ONG.

La politica europea dell’ esternalizzazione rinnega i valori fondanti dell’UE sulla migrazione e sui diritti umani. E’ cambiata l’ottica attraverso la quale guardare questo fenomeno: non si deve parlare di sicurezza e problema, ma di fenomeno da gestire e opportunità.

Purtroppo, la politica della paura dello straniero vince spesso nelle politiche europee, portando dal 2013 alla realizzazione di oltre 2000 km di muri sui confini europei. I principali si trovano lungo gli accessi in Europa delle rotte migratorie.

Si sceglie di affrontare il fenomeno migratorio con muri e blocchi navali, causando morte e privazione dei diritti fondamentali dell’ uomo e del migrante.

Border walls in Europe, Centre Delas