Israele bombarda Rafah in un’area dichiarata sicura. Oltre 50 i palestinesi uccisi nel brutale attacco sulle tende degli sfollati – 26/05/24
A sole 48h dalla decisione della Corte Internazionale di Giustizia di ordinare ulteriori misure preventive, Israele bombarda e incendia con 8 razzi la tendopoli vicino un sito dell’UNRWA, nell’area di Tal as-Sultan, Rafah. Cinquanta i morti, molti dei quali bruciati vivi, oltre 249 i feriti, tra amputati e ustionati gravi: un massacro. Ci sono volute ore per spegnere le fiamme e per far intervenire i soccorsi, ma ormai era troppo tardi.


La mattina dopo Rafah si è svegliata tra lamiere e tende bruciate, con dentro le persone che vi trovavano rifugio, compresi molti bambini. I pochi presidi medici che sono rimasti, sin dai primi minuti, vedono sopraggiungere feriti, troppi rispetto a quelli che possono trattare, alcuni arrivano già morti. La maggior parte dei civili riporta gravi ustioni che medici ed infermieri non possono curare per la mancanza dei medicinali necessari. Fumi, odori raccapriccianti, la notte illuminata dalle fiamme, urla di dolore e disperazione: questa è Rafah la notte del 26 Maggio. Un massacro etichettato dal Primo Ministro israeliano, ancora una volta, come un tragico errore.

Un tragico errore come quello del 2 Aprile 2024 , nel quale 7 operatori umanitari dell’organizzazione World Central Kitchen sono stati uccisi: colpiti da tre droni, in tre macchine diverse, simultaneamente. O come i molti ostaggi uccisi proprio dall’IDF in diverse e molteplici occasioni.
Ma come mai non è un errore il massacro di Rafah?
Tel Aviv ha diviso Gaza in blocchi, e l’area di Tal al-Sultan rientra nel “blocco 2371“. Dall’inizio del conflitto Israele indica ai residenti della Striscia le aree sicure dove possono spostarsi per evitare di essere uccisi dai bombardamenti, anche se sostanzialmente non esistono zone sicure a Gaza (sono decine i casi di bombardamenti nelle aree considerate sicure). Anche questa volta l’IDF ha colpito proprio uno dei blocchi ritenuti sicuri, il “blocco 2371“, ignorando le proprie stesse indicazioni.
Sul sito dell’IDF si legge che “sono state prese tutte le misure per limitare i danni collaterali”, anche tramite l’utilizzo di “un arsenale molto preciso”, ma il problema è proprio questo. Attraverso una nota l’esercito israeliano annuncia che l’attacco avrebbe raggiunto l’obiettivo di eliminare due esponenti di Hamas: Yassin Rabia e Khaled Nagar.
Dunque la democratica Israele, attraverso l’utilizzo di armamenti altamente tecnologici, ritiene l’ingaggio che vede la morte di 25 civili per ogni esponente di Hamas colpito, lecito e addirittura considera queste morti danni collaterali limitati e calcolati. Forse andrebbero riviste proprio le regole d’ingaggio dell’esercito israeliano, come fa emergere la rivista +972.
No, non è stato un errore. Dal 7 di ottobre Israele è in una guerra senza regole, colpendo chiunque senza scrupolo. Non è un errore, perché se le regole di ingaggio ti permettono di aprire il fuoco sempre o di lanciare le bombe sopra le tende dei rifugiati, allora esiste un’intenzionalità che non deve rimanere impunita. Nonostante la Corte Internazionale di Giustizia abbia esplicitamente vietato l’intervento militare a Rafah, dove hanno rifugio oltre 800mila sfollati, la politica di Tel Aviv non sembra cambiare. E a confermarlo sono le stesse parole degli esponenti politici ultranazionalisti di Israele che sostengono che “nessun potere sulla Terra impedirà a Israele di proteggere i suoi cittadini e di attaccare Hamas a Gaza”, ha detto un funzionario anonimo israeliano citato dal Guardian.


Dal 7 ottobre Israele sta usando il suo arsenale bellico in modo illegale (così come è spiegato nel nostro articolo Dall’autodifesa all’intento genocidario), colpendo civili in modo indiscriminato. Anche molti ostaggi sono stati uccisi nei raid israeliani sulla Striscia di Gaza. Ciò smonta completamente la tesi propagandistica della guerra per il recupero degli ostaggi, ma anzi conferma tutte le tesi sulla cancellazione, quanto più possibile, del popolo palestinese da Gaza e dalla Cisgiordania. A conferma sono anche tutti i progetti edilizi comparsi appena subito dopo lo scoppio del conflitto che facevano vedere la nuova Gaza sotto il dominio israeliano.