Churchill e Putin: gli interessi della Russia

Nella trasmissione radio dell’1Ottobre 1939 Churchill si rivolse così: “Non posso prevedervi l’azione della Russia. E’ un enigma avvolto in un mistero dentro un enigma. Ma forse c’è una chiave. Questa chiave è l’interesse nazionale russo. Non può essere conforme all’interesse o alla sicurezza della Russia che la Germania si stabilisca sulle rive del Mar Nero, o che invada gli stati balcanici e soggioghi i popoli slavi dell’Europa sudorientale. Ciò sarebbe contrario agli interessi storici della Russia.”

Successivamente, alla fine della guerra nel ’45, Winston Churchill espresse altri giudizi: “La distruzione della potenza militare della Germania ha comportato un cambiamento fondamentale nei rapporti tra la Russia comunista e le democrazie occidentali. Hanno perso il loro nemico comune, la guerra contro la quale era quasi l’unico legame che legava la loro alleanza. D’ora in poi, l’imperialismo russo e la dottrina comunista non hanno visto e non hanno posto un limite al loro avanzamento e al desiderio di dominio finale.»… «Se questi problemi non vengono risolti prima del ritiro degli eserciti americani dall’Europa e prima che il mondo occidentale smantelli le sue macchine da guerra, sarà impossibile contare su una soluzione soddisfacente dei problemi e le prospettive per prevenire una terza guerra mondiale saranno molto brutte.”

Perché parlare di Winston Churchill e non di Vladimir Vladimirovich Putin? Per due motivi: il primo è che la Russia ha interessi storici affinché l’Europa orientale sia governata dagli slavi e il secondo combattere la Russia, per gli alleati americani, è rimescolare le carte nella geopolitica. Quando parliamo di carte parliamo di economia.

Sotto la presidenza di Eltsin, dal 1991/1999, la Russia era una nazione allo sfascio secondo i piani dell’America e della Nato, cercando quest’ultima di aggregare i paesi slavi usciti dal Patto di Varsavia. Nel 1999 si unirono alla Nato Polonia, Ungheria e Rep. Ceca. Nel 2004 Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia. Nel 2009 Albania e Croazia. Nel 2017 Montenegro e nel 2020 la Macedonia del Nord. In Jugoslavia invece , sorvoliamo sui passaggi politici Nato dal 1991 contrari all’Onu, rimane la Repubblica di Serbia e la Bosnia Erzegovina, associati ma fuori della Nato.

E’ per questo che oggi la Russia cerca di non far entrare l’Ucraina nella Nato, anche se Putin è favorevole all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea. Questo è il quadro di Churchill del 1939 sull’Europa orientale, in cui la Russia ha i suoi interessi politici e culturali; cosa però che cambiò nel 1945 quando la Russia si allargò nei paesi slavi, andando contro la politica dell’Inghilterra, senza, in un primo momento, preoccupare l’America che non si allarmò avendo occupato, insieme all’Inghilterra, l’Europa dell’Ovest.

Il 4 aprile del 1949 venne firmato il Patto Atlantico a Washington, in questo caso la politica inglese si fece buona ragione; nel 1955 venne firmato il Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza denominato Patto di Varsavia, un’alleanza militare tra gli Stati socialisti del blocco orientale. Fino al 1991 i due blocchi non si sono mai schierati, anche se ciascuno ha dovuto dirimere le beghe interne tra Francia e Grecia nell’Europa dell’ Ovest e Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia nell’ Europa dell’ Est. Non essendoci il Patto di Varsavia la Nato, da alleanza difensiva è diventata un’alleanza offensiva, partendo dalla Jugoslavia fino ad infilarsi in molti contesti nazionali del mondo dal 1991, anche in Italia dove con la Dc il rapporto geopolitico possiamo dire era del 50%, oggi le teorie politiche americane in Italia sono, da D’Alema alla Meloni, passando per Prodi, Monti e Draghi, una frangia esterna dell’America.

Il conflitto russo/ucraino ha fatto si che gli Usa, attraverso le politiche della Nato, ha conquistato l’Unione Europea: slavi e latini contro la Russia. Se qualcuno oggi pensa che Putin sia un dittatore, non possiamo dire del Presidente americano che con i suoi discorsi può apparire un democratico, pur sapendo che all’interno del corpo politico ed economico americano che partecipa alle politiche del Presidente, è già un sistema dittatoriale, il nodo cruciale della politica americana, sulla quale l’Unione Europea è succube politicamente, economicamente e socialmente.

Pensando alla storia recente, dal 1945 le due politiche, americana e russa, hanno creato un sistema che, nell’insieme, è oppressivo/repressivo secondo le loro logiche politiche ed economiche. Nessuno, né Putin né Biden, possono essere dittatori autoritari, è il loro sistema istituzionale che crea un sistema oppressivo nei popoli interni e su altri paesi. Quando Churchill parlava di una terza guerra mondiale non era il sistema capitalista o quello sovietico che si sarebbero scontrati in un conflitto, sapendo che  altri paesi  (Cina ed India) sarebbero diventate  potenze che allora non c’erano.

Biden nella sua campagna elettorale sottolineava che a livello internazionale bisognava riprendere i valori della democrazia contro la corruzione e l’autoritarismo, per promuovere i diritti civili nell’agenda della politica estera.  Per Putin, gli obiettivi della sua campagna elettorale erano diversi da quelli di Biden, fermo restando il terrorismo e la corruzione, più estera che non russa, occorreva che la Russia, dopo lo sfascio creato da Eltsin, ritrovasse se stessa; evitare che la Nato si avvicinasse all’ Ucraina, prima e dopo il 2014,  azione che avrebbe mortificato la cultura e la politica della Federazione Russa.

La politica di Biden è solo propaganda per le nazioni a lui affiliate, sapendo che gli Usa non possono parlare di democrazia e soprattutto dei diritti umani (Iraq, Afghanistan, Israele) essendo una politica sfilacciata sui valori democratici. La politica di Putin, per la sua società, è una politica molto forte sui valori della cultura russa, con una democrazia fuori dalle false parole americane, ma conforme alla politica di un uomo che crea una società con lungimiranze socialiste contrarie alla società globalizzata, in cui l’uomo è solo un mezzo finanziario e nulla di più, anche se sui diritti umani la socializzazione richiederebbe alcune modifiche culturali della tradizione russa.

Penso che si dovrebbe capire tante cose prima di affacciarsi a politiche che non appartengono alla nostra tradizione democratica dopo il periodo fascista europeo: non scordiamoci di Cuba e ciò che significò negli anni ’60, paragonabile alla vicenda ucraina, capire il senso del BRICS, non sorvolare sulle istanze africane, capire il variegato mondo arabo, alla corruzione che fa parte dei nostri paesi, il ruolo del dollaro nell’economia internazionale, tutto ciò non significa approcciarsi al partito democratico americano o repubblicano, tutti gli europei possano essere originali con una classe politica diversa e culturalmente più avanzata di quelli che oggi li rappresenta.